Il diurno era sotto il piano della strada, e bisognava scendere una rampa di scale a chiocciola. Laggiù scoprivi un labirinto di corridoi a piastrelle bianche e tante porte. Una decina di donne cinquantenni e atticciate, con grembiule celeste e fazzolettone in capo, trottavano su e giù portando asciugamani sporchi, secchi di liquido per disinfettare, spazzoloni di cencio per strofinare le vasche.
Diffusi soprattutto a partire dagli anni '20, gli alberghi diurni sono delle strutture costruite al di sotto della superficie urbana; offrivano a residenti e viaggiatori una molteplicità di servizi legati principalmente all'igiene personale.
In un'epoca in cui poche abitazioni avevano il bagno, proponevano una visione urbanistica alquanto particolare:
coniugavano una concezione verticale della città con uno sfruttamento intensivo degli spazi.
Gli alberghi diurni sono associati all'opera dell'imprenditore Cleopatro Cobianchi, la cui società era arrivata a gestire quindici attività di questo tipo sparse in tutto il Paese .
Uno di questi alberghi, inaugurato nel 1924, aveva sede a Milano e più precisamente nelle vicinanze di piazza Duomo .
Era il "Cobianchi" di Milano il diurno a cui si riferiva Bianciardi ne "L'integrazione", in una scena poi ripresa e riadattata nel film "La vita agra" di Carlo Lizzani, tratto dall'omonimo libro di Bianciardi.
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Il 22 e 23 marzo del 2014 l'Albergo Diurno di Porta Venezia è stato aperto durante le Giornate Fai di Primavera. Gran parte degli interventi che costituiscono l'audiodocumentario sono stati raccolti in quell'occasione. Il documentario contiene inoltre due interviste a dei commercianti del quartiere.
L'audiodocumentario è stato prodotto da Chiara Campara, Matteo Ninni e Carlo Tartivita, che hanno condotto e montato le interviste in esso contenute. Le musiche sono dei Le Gros Ballon.
Rispetto al Cobiachi di piazza Duomo, è sopravvissuto pressoché intatto, riuscendo a mantenere la struttura e gran parte delle decorazioni originarie.
Aperto nel 1926, si trova in un quartiere allora popoloso e che, grazie alla vicinanza della vecchia stazione ferroviaria (allora ubicata in piazza della Repubblica) e del capolinea del tram Milano-Monza, attirava un flusso continuo di viaggiatori.
Al suo interno oltre ai bagni e alle docce, erano presenti locali predisposti alla cura del corpo (barbiere, parrucchiere, manicure e pedicure), ma anche altre attività commerciali, tra cui un'agenzia di viaggi, uno studio fotografico, un casellario postale, uno sportello bancario e un servizio di dattilografia.
L'unicità del Diurno di Porta Venezia è vincolata non soltanto alla sua conservazione, ma anche alla sua paternità:
gli elementi decorativi, e più in generale di design, sono attributi alla figura di Piero Portaluppi, architetto milanese attivo nella prima metà del XX secolo e autore di numerosi interventi nel quartiere di Porta Venezia.
Dagli anni settanta e ottanta, quando ormai il bagno in casa aveva smesso di essere un lusso, gli alberghi diurni entrano in una profonda decadenza.
Nel 1985 la società che ha in concessione il Diurno di Porta Venezia fallisce e il Comune di Milano dà la gestione degli spazi ai commercianti già presenti nell'albergo diurno.
La situazione peggiora ancora, fino a quando, nel 1986, rimane soltanto un parrucchiere per uomo. Infine nel 2003 il diurno chiude definitivamente.
Negli anni si susseguono diverse ipotesi per un recupero della struttura, ma solamente nel 2015 è firmata una convenzione tra il Comune e il Fondo Ambiente Italiano per la valorizzazione e riapertura dell'Albergo Diurno di Porta Venezia.
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La citazione di Luciano Bianciardi è tratta dal libro L'integrazione pubblicato nel 1960 da Bompiani e successivamente da Feltrinelli.
Le riprese video sono state realizzate nell'Albergo Diurno di Porta Venezia.
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